Museo a cielo aperto La Thuile il lato Wild del Monte Bianco

La Thuile
Il vento del cambiamento

E’ negli ultimi 200 anni che La Thuile è andata incontro a cambiamenti radicali. Il suo aspetto attuale ha conservato elementi originari che ne raccontano la storia e il continuo adattarsi della sua comunità alle sfide dei giorni nostri.
Da piccolo villaggio di montagna distante dai centri più importanti e circondato dalle montagne ha beneficiato di una posizione strategica invidiabile a contatto con Francia ed Europa grazie al valico alpino del Piccolo San Bernardo, antichissimo punto di passaggio di uomini e merci.
Il clima montano e la quota non hanno mai facilitato la pratica agricola, permettendo di coltivare soprattutto segale una varietà di grano rustica e robusta, patate e poco altro.
L’economia di sussistenza basata sull’agricoltura in cui ognuno era impegnato a coltivare i versanti impervi per produrre quanto necessario alla propria sopravvivenza è stata affiancata a partire da metà Ottocento dallo sfruttamento minerario intensivo dei ricchi giacimenti di antracite presenti nelle montagne circostanti.

Maison Berton_La Thuile_Passeggiate culturali

La Thuile diventa un villaggio minerario. Gallerie di estrazione, edifici di servizio e nuove opportunità di lavoro trasformano gli uomini del paese in minatori, la popolazione cresce e giunge nuova ricchezza. Il volto del paese cambia e la sua anima agricola si amplia con l’ingombrante presenza di elementi dell’arte mineraria che ancora oggi chiamano a scoprirne la storia.
La fase mineraria dura fino al 1965 quando le miniere vengono chiuse definitivamente e si apre una nuova entusiasmante fase che si andava già sviluppando in modo molto graduale, il turismo montano.
La Thuile diventa località turistica, soprattutto invernale, con la nascita dei primi impianti per lo sci e dei primi alberghi dando inizio a una evoluzione rapida e inarrestabile che dai pionieri dell’alpinismo e dello sci porta all’oggi: sci e sport invernale, paradiso Bike, una infinità di trekking e Museo a cielo aperto.

Museo a cielo aperto La Thuile il lato Wild del Monte Bianco

Tutto ha inizio con un villaggio di montagna
La vita contadina prevedeva un lavoro continuo che variava e si adeguava al ciclo delle stagioni.
Era consuetudine e necessità per ogni famiglia coltivare in estate un proprio orto (courtì) accanto a casa per disporre di verdure e erbe da usare fresche o da conservare per tutto l’inverno a venire. Macchie di colore in rettangoli ordinarti e curati con grande attenzione vanno a inframmezzare le case in pietra e legno e dai tetti in lose accostate vicine le une alle altre in modo che le falde del tetto giungano quasi a toccarsi creando utili camminamenti coperti per muoversi al riparo durante l’inverno.
I terreni attorno ai piccoli villaggi erano faticosamente coltivati creando dei terrazzamenti in piano oppure lasciati a prato. L’erba è sempre stata indispensabile per l’allevamento di bovini in particolare ma anche capre e pecore. Le vacche da latte necessitano infatti di erba fresca o fieno (in inverno) in grande quantità.
Ogni estate si assiste ancora alla fienagione (un temo fatta esclusivamente a mano) mentre in primavera e primo autunno le mucche pascolano nei prati di fondovalle. In estate le mandrie salgono in alpeggio, pascili d’alta quota dove dispongono di erbe e fiori freschissimi e nutrienti.

Uomo artigiano, oggetti fatti per durare
In un villaggio dove agricoltura e allevamento erano alla base della sopravvivenza l’uomo aveva imparato a costruire utensili e oggetti necessari al lavoro e alla vita quotidiana partendo da materie prime di facile reperibilità.
L’artigiano sapeva dare forma al legno, alla pietra, al cuoio, al ferro per ottenere ciò che serviva. Rastrelli, gerle, tegami e scodelle, mobili, botti, prendono letteralmente forma fra le loro mani. Oggetti utili, fatti per durare, usati e riusati fino a consumarli e nel caso aggiustati varie volte.
La capacità artigianale era dettata dal bisogno e savoir-faire e abilità venivano affinati nel tempo, tramandati e condivisi; chi sapeva fare qualcosa aiutava chi non ne era capace e il sapere di tutti veniva messo a servizio dell’intera comunità.
L’evoluzione dell’artigiano porta alla nascita di oggetti che uniscono l’utile al bello. Decori a forma di cuore, croci, animali, fiori, intagli geometrici iniziano a abbellire oggetti d’uso e al contempo ci si dedica alla manifattura di oggetti puramente decorativi che diventano man mano vere e proprie opere d’arte come le statue di Santi per arricchire le cappelle dei villaggi.
Il legno da lavorare veniva cercato con cura in inverno e lavorato nelle lunghe serate invernali davanti al focolare. Era l’occasione per intagliare giocattoli per i bambini. Cornailles e tata sono forma più antica e persistente nella tradizione artigianale valdostana. Per le prime bastava un ramo forcuto trovato al pascolo da lavorare con il coltellino fino a fargli assumere la forma di una mucca stilizzata. Il secondo. Un cavallino dotato di ruote era più strutturato e richiedeva abilità e tempi maggiori.

Mestieri perduti. Il mulattiere
Un paese che evolve e cambia lascia inevitabilmente indietro alcuni mestieri per crearne di nuovi.
Il maestro di sci, l’albergatore diventano professioni che si allineano alla nuova dimensione turistica di La Thuile a scapito di altri mestieri antichi che perdono importanza fino a scomparire.
E’ l’esempio del mulattiere “lo melatì”, mestiere tanto importante quanto poetico. L’uomo che vive in simbiosi con il mulo e gli cammina a fianco mentre sulla sella carica percorre sentieri che il passaggio dell’animale ha tracciato negli anni inerpicandosi sul fianco della montagna.
Il lavoro era redditizio e consisteva nel trasportare carbone, sacchi di viveri, materiali da costruzione, talvolta merci di contrabbando come sale, tabacco, sigarette e talvolta caffè, campanacci e altri oggetti artigianali che uscivano dai confini, ma anche ripulire le strade dalla neve trainando uno spartineve di legno.
Il mulo era fondamentale per arare i campi, per trasportare il fieno e i covoni di grano in ampi teli che andavano maneggiati e trasportai con grande cura o per trainare carretti carichi di terra (quando si preparavano i terrazzamenti), letame per concimare i prati in primavera o carbone (nelle miniere).
All’inizio dell’autunno quando le mandrie scendevano dagli alpeggi e i primi freddi avevano portato le prime nevicate il mulo tracciava la pista ben battuta e le mucche guidate dai pastori scendevano in paese. Chiudevano la fila i muli che trainavano grandi slitte cariche di tutte le cose da riportare a casa, compresi i neonati e i vitellini!

La nascita dello sci e dei primi impianti
Fino al 1950 La Thuile non viene annoverata fra le belle località turistiche della Valle d’Aosta come Saint Vincent, Courmayeur, il Breuil (Cervinia), Gressoney, Champoluc e Cogne perché era ancora luogo di forte attività industriale mineraria. I maestri di sci del posto devono andare a cercare lavoro in Piemonte, Lombardia o Trentino, già più evolute.
I primi impianti di risalita risalgono ai primi anni 30: i famosi slittoni. Le piste non esistevano: le poche gare risentivano di un’organizzazione artigianale. Nessuno immaginava che lo uscì sarebbe diventato un fenomeno sociale tanto vasto da coinvolgere in tutto il mondo milioni di sciatori.
Fra il 1948 e il 1968 la Società delle Funivie Piccolo San Bernardo delinea i progetti di ampliamento sciistico.
La primissima seggiovia, inaugurata sotto una fitta nevicata l’8 dicembre 1948 portava da Petite Golette a Les Suches, era lenta e fredda, al punto che ai viaggiatori veniva fornita una coperta!
Già nel 1957 una funivia da 50 posti permetteva allo sciatore seduto sulle sue panchette di abbandonare l’abitato e raggiungere gli impianti da sci. Altre seggiovie e manovie in quota trasportano il turista lungo le piste innevate della zona di Les Suches e Chaz Dura. Per scendere sci ai piedi in paese viene tracciata la nuova pista n.5 per la discesa in paese.
Man mano il territorio cambia, vengono costruite nuove piste e impianti: nel 1963 c’erano 2 seggiovie monoposto La Thuile-Les Suches e dalla funivia a due cabine gialla e blu si passa nel 1988-89 all’attuale DMC.
Nell’estate del 1968 i maestri di sci tentano di dare avvio allo sci estivo sul Ghiacciaio del Ruitor. Portavano in jeep i clienti dal rifugio Deffeyes alla manovia costruita sul ghiacciaio. La jeep è ancora lassù ed è stata portata a spalla da alcuni maestri di sci temerari, smontata in pezzi e poi assemblata in loco.

Cambia anche lo sciatore
I primissimi sciatori di La Thuile praticavano la disciplina nella Piana di Arly. Agli inizi del Novecento nasce lo Sci Club Rutor, uno Sci Club inizialmente per lo sci nordico. Solo negli anni 30 si aggiunge lo sci da discesa.
La Thuile è uno dei paesi Alpini culla dello sci in Italia, dove questo sport veniva praticato già gli albori del secolo da una ristretta schiera di pionieri: sin dal 1905, organizzati dall’ispettorato delle truppe Alpine, si svolgevano a La Thuile i primi corsi sciatori per le compagnie Alpine. La Thuile era stata scelta come sede dei corsi sciatori per i bei campi di sci e l’abbondante innevamento durante la stagione invernale.
Agli albori lo sci era considerato come un passatempo per pochi e richiedeva una enorme fatica. Le risalite erano fatte a piedi, le piste non erano preparate come oggi e gli sci erano in legno di frassino molto lunghi (quanto l’altezza dello sciatore col braccio alzato e la mano aperta) e pesanti. Il colore doveva essere scuro scuro per favorire il ritrovamento nella neve se in caso di caduta si fosse staccato dal piede. La tinta non doveva però essere toppo scura perché assorbendo i raggi del sole il riscaldamento favoriva l’attaccatura della neve.
All’inizio degli anni 50 non tutti i praticanti dello sci videro di buon occhio la costruzione di nuovi impianti. Per molti la montagna non doveva essere irretita sempre più da piloni e da cavi e lasciata a disposizione unicamente di coloro che per raggiungerle fossero disposti a partire a piedi dal fondovalle com’era ai primordi dell’alpinismo.
Nascono anche i primi alberghi. Da altri stati come l’Austria e la Svizzera furono importati il telemark, lo spazzaneve e il passo alternato. Durante i corsi i soldati alloggiavano nella caserma Enzo Zerboglio in frazione Bathieu, invece tutti gli ufficiali erano ospitati dall’albergo Nazionale Paris in Capoluogo oppure dall’albergo Jacquemod alla Grande Golette.

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