
La Thuile
Tra le acque
L’acqua è un bene prezioso, in montagna pare infinita, inesauribile, eppure laghi alpini e nevi perenni che alimentano i torrenti sono in una fase di drammatico. I nonni dei nostri nonni probabilmente non lo avrebbero mai creduto possibile. Per loro l’acqua era alla base dell’intera economia agricola: l’acqua disseta le mandrie, fa crescere l’erba, riempie le fontane del paese e muove i mulini dove si macinava la farina.
Il torrente è un ambiente immancabile in montagna. Le sue acque limpide, fresche e veloci fanno da colonna sonora a mille passeggiate, sono habitat per pesci, uccelli, anfibi e tanti altri animali della fauna alpina.

In tempi attuali sempre di più l’acqua è anche associata a disastri, alluvioni e frane, con gravi danni alle infrastrutture umane e interruzione di strade e servizi. Il territorio è sempre più fragile, l’uomo ha lasciato la sua impronta in mondo tale da alterare un equilibrio secolare che in realtà ha sempre compreso anche fatti catastrofici. L’incidenza e la gravità di oggi sono l’eredità che abbiamo ricevuto da anni e anni di interventi e gestione poco attenti.
L’energia elettrica prodotta da micro-centraline idroelettriche è il lato buono della capacità dell’uomo di sfruttare l’acqua. Dai canali irrigui di un tempo e alle rogge che alimentavano piccoli mulini si è passati a moderni impianti con turbine e condotte che sfruttano una risorsa pulita.
Anche i prati oggi sono istigati a pioggia con moderni impianti computerizzati. L’erba così cresce alta ed è possibile la raccolta di fieno in quantità. Le mucche che producono il latte per fare la Fontina DOP della Valle d’Aosta infatti devono per forza alimentarsi anche con fieno, rigorosamente valdostano!
Rifugio Santa Margherita e Deffeyes
Il ghiacciaio che veglia su La Thuile ha un fascino ineguagliabile, quello delle cose che diventano rarità. E per i ghiacci perenni si sa che sono destinati a scomparire.
Il nome è duplice e doppiamente corretto: si troverà sia “Rutor” nella sua versione italiana sia “Ruitor”, usata dai francofoni.
Certe carte topografiche del regno Sardo lo indicavano anche con varianti come Rhutor, Ruitord, Rutors.
Secondo Robert Berton, uno studioso della toponomastica valdostana la cui casa di vacanza è a La Thuile è oggi un museo che custodisce una notevole collezione di oggetti di artigianato valdostano, l’origine di questo nome deriverebbe da Ruise: ghiacciaio, distesa di ghiaccio (nel patois francoprovenzale) e Tor: punta, monte a guglia (parola celtica) a descrivere una “una roccia che emerge dal ghiaccio”.
Sul fianco occidentale è ben visibile, anche da lontano, la piramide del Grand Assaly, affiancata da un curioso monolito d’una ventina di metri d’altitudine, chiamato “Homme de Tachuy” o “La Sentinella”.
La salita al ghiacciaio gode della compagnia delle acque i fusione che alimentano il torrente amplificate dai salti di roccia delle 3 cascate che precipitano per ben 400 metri.
Il ghiacciaio, malgrado una fase di ritiro assai consistente, da circa una quarantina d’anni, ricopre ancora 9 km² (lunghezza 8 km). La testa del Rutor si trova a 3486 m ed è meta di alpinisti e scalatori fin dalla metà dell’Ottocento quando con ben pochi mezzi e attrezzature molte vette alpine furono conquistate per la prima volta.
Lo sviluppo dell’alpinismo aveva indotto la sezione di Torino del C.A.I. a costruire, nel 1887, la capanna Santa Margherita, sulle rocce che dominano il lago del Rutor; poteva accogliere 10 persone, ma fu abbandonata, per vetustà, verso il 1910. Il C.A.I. fece allora costruire, nel 1923, un altro rifugio a una quarantina di metri a monte del precedente, che fu distrutto da un incendio nell’ultima guerra 1944-1945; nuovamente ricostruito dal C.A.I., venne inaugurato nel 1964 col nome di “Rifugio Albert Deffeyes”, in ricordo del celebre alpinista e uomo politico valdostano. Ultimamente il rifugio è stato ampliato e ammodernato.
Lago Verney: atmosfera salassa
Per i Salassi i laghi d’altura come il Verney o il Lac Longet erano luoghi sacri, attorno ai quali si svolgevano molte attività quotidiane, inclusi i rituali e le cerimonie propiziatorie.
I Salassi conoscevano ogni più piccolo pertugio e anfratto di questi monti in cui si erano adattati a vivere da tempo immemore, quando i ghiacci perenni si ritirarono e lasciarono spazio alla colonizzazione dell’uomo.
I Clan che abitavano queste terre avevano tracciato una strada per rendere più facile l’accesso a uomini e animali. Nel periodo della festività di Belthane o di Samhain tutto il popolo della vallata saliva quassù per rendere onore agli dei e propiziarsi una feconda estate o un benevolo inverno. La perizia degli abili costruttori salassi univa la scelta dei materiali e lo studio delle pendenze più adatte a creare una strada carrozzabile, ma se quassù non ci fosse stata abbondanza d’acqua non sarebbe stato possibile viverci, pascolare le greggi e coltivare la terra.
Quassù i Druidi compivano i loro rituali di studio degli astri e delle stagioni. Le cerimonie propiziatore si sviluppavano molto spesso sulle rive dei grandi laghi alpini e quassù si trovava uno dei laghi glaciali più grandi della Terra della Grande Orsa!
Quando i condottieri salassi tornavano vincitori da una battaglia offrivano a Graio, dio della guerra e delle rocce, le spade degli avversari caduti, in segno di ringraziamento. Con le canoe solcavano le acque del lago e giunti al centro vi gettavano la loro offerta per ingraziarsi la grande divinità.
Il loro aspetto bastava a proteggerli dai nemici, perché erano paragonabili a giganti dalla pelle scura, baciata dal sole, coperti di pelli di animali, abiti sgargianti ed elmi possenti nei quali spesso inserivano la loro più difficile preda di caccia: poteva essere una testa di cinghiale, oppure di un’aquila, oppure di un orso o di lupo. Talvolta venivano offerte alle acque del lago monete, bracciali o amuleti per chiedere l’aiuto della grande Madre nella guarigione di una malattia o per invocare l’abbondanza della pesca per sfamare i figli.